Dorme la mia città profondamente

Dorme la mia città profodamente

 

Vedi, torno alla mia città caduta,

alle sue strade dai perduti passi,

ai campanili senza più canzoni.

 

Dorme la mia città,

dorme la mia città profondamente.

Larga come la notte ha una ferita

che artiglia ancora e ancora ancora brucia.

 

No, non cercare fiati tra le pietre:

la mia città respira oltre le stelle,

nell’aria azzurra di silenzio e luce.

Tesse animati e freschi crocevia,

un labirinto dolce di ritorni

per gli abbracci scordati alla partenza.

Muovono lievi e trepide le ombre

tra le cento contrade rifiorite

a questo aprile vivo di memorie.

 

La mia città respira oltre le stelle,

ha un fremito leggero se accarezzi

una selce anche solo con lo sguardo.

Lentamente riannoda le sue fibre,

promessa, come l’Araba Fenice

(tenacemente ricordando il sole),

al volo che riaccenda un tempo nuovo.

 

Allora poserò, come Tommaso,

sopra le antiche mura la mia mano.

 

Vicaretti Umberto, Luco dei Marsi (AQ)

 

Motivazione:

Poesia di singolare valenza comunicativa, per l’uso di un linguaggio caratterizzato da semplicità e immediatezza; il legame profondo con la terra natia ed il flusso di immagini, anche dolorose, dilatate oltre il ricordo personale dell’autore, emanano pathos intenso. L’autore trasforma il dolore in musica ed il lettore viene rapito da sprazzi di speranza.